Project Description

I campi profughi sono luoghi terribili e quello di Yarmouk, a Damasco, non è diverso.
Ci vivono 18mila persone, ridotte a larve umane ma come accadeva nei campi di concentramento in Germania anche qui ci sono persone che non possono essere sconfitte.
A Yarmouk questa persona si chiama Aeham Ahmad e, nei giorni in cui il campo non viene bombardato, lui esce dalla sua baracca e va a suonare il piano. Ha 27 anni, suona da quando ne aveva cinque.
“All’inizio dell’assedio volevo rinunciare alla musica, restare neutrale nel conflitto siriano. Vendevo falafel, e tenevo la musica chiusa nel cuore. Ma dopo sei mesi, non riuscivo più a contenerla: era più forte di me. Perciò ho ripreso il mio piano, l’ho fissato sul carretto dello zio ortolano, e ho cominciato a trasportarlo fra i quartieri più deprimenti per ridare speranza” racconta.
“Dovevo nutrire il mio spirito”, s’inalbera Aeham. “Perciò, nonostante la fame e l’assedio ho continuato a suonare il mio piano. Prima solo musica classica; ora compongo pezzi che parlano della crisi “. Con le sue dita lunghe, magre, intirizzite dal freddo, il pianista di Yarmouk suona per i bambinelli e i ragazzi che gli stanno intorno
Zeina Hashem Beck, la poetessa libanese, gli dedica i suoi versi: “Suonaci una musica che parli di briciole di pane, uomo triste, suonaci una nota per il sonno, un’altra per gli uccellini degli alberi mangiati dai bambini per fame… Qui non ci sono sale da concerti, solo dita intirizzite, cani scheletrici. Perciò inventa un’allegra canzone araba, affinché possiamo morire, come gli uccellini che abbiamo mangiato, cantando, cantando”.

(Fonte: cacaonline)

IL PIANISTA