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Per quel che mi è dato di sapere, l’esperienza italiana del recupero di derrate alimentari in scadenza, e per questo motivo destinate ai cassonetti della spazzatura (a quei tempi non ancora differenziata), è iniziata una quindicina d’anni fa a Brescia: un’organizzazione benefica si occupava di raccogliere gli scarti ancora commestibili dai mercati urbani o dai grandi negozi alimentari e di redistribuirli a famiglie bisognose.

Da allora, molta strada è stata percorsa, e città metropolitane come Milano hanno istituito il servizio anche con l’ausilio di applicazioni per telefonini, in modo da smistare con maggiore rapidità ed efficacia.

Che nella nostra società (ancora opulenta, nonostante le crisi degli ultimi anni) ci sia necessità di nutrire dei concittadini bisognosi suona oltremodo offensivo anche, o forse soprattutto, per un medico, perché

  •  la prima cura è lo stomaco pieno di cibo, ovviamente di buona qualità;
  • la riduzione del disagio alimentare e sociale contribuisce a curare anche i “veri” malanni psicofisici;
  • il recupero e l’utilizzo di alimenti (purché igienicamente idonei!) contribuisce ad abbattere l’inquinamento e interrompere così un circolo vizioso di danni alla salute umana: meno scarti, meno spazzatura, meno discariche, meno occupazione di terreni agricoli, meno fertilizzanti…

Auguriamoci che a Cuneo e in provincia venga adottato presto un sistema analogo: Noosoma darebbe il suo contributo attraverso note esplicative sul metabolismo e la riduzione di danno ambientale.

Dal momento che siamo in periodo ormai festivo, durante il quale gli sprechi si fanno maggiori, ciascuna/o di noi può già impegnarsi in prima persona: compriamo soltanto quello che realmente ci servirà, utilizziamolo in via preferenziale se ha una data di scadenza ravvicinata, condividiamo qualche alimento con i vicini di casa e… magari contribuiamo alla raccolta del banco alimentare, quando si tiene!

Mario Frusi

mario

 

Fonte: Cuneocronaca